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Rubrica a cura di Paola "Slelly" Uberti dal blog: Slelly Maria Antonietta Grassi dal blog: Il Pomodoro Rosso di MAntGra |
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Il punto di vista di Paola “Slelly” Uberti
Le eccellenze italiane raccontano ogni giorno storie d’impegno, dedizione, cura, amore per il cibo ed esperienze imprenditoriali di successo. Queste realtà contribuiscono a fare del nostro Paese una terra nella quale cibi di altissima qualità da una parte e specialità regionali uniche dall'altra, testimoniano della nostra identità enogastronomica, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
I nostri artigiani, così come le realtà grandi e piccole che operano con coscienza e buoni principi, ci aiutano a diffondere un messaggio importante che ha ricadute di natura culturale e sociale: oltre a pizza, mamma, spaghetti e mandolino c'è molto di più.
Il mondo, in fondo, di là da retorica e logori luoghi comuni, questo lo sa. Lo sanno quei turisti che entrano nei negozi e nelle botteghe e godono di sapori, odori, storie e leggende. Lo sanno quegli italiani che riconoscono se stessi nella cucina e nella produzione alimentare nazionale e sognano di assaggiare tutto ciò che l'Italia ha da offrire. Provate a pensarci: basterebbe una vita intera per fare ciò? Io sono torinese e vi assicuro che per conoscere a fondo tutto quanto in tal senso contraddistingue la mia regione, servirebbero anni e questo vale dalla Valle d'Aosta alla Sicilia.
Io credo, non esista evoluzione consapevole senza identità e conoscenza storica: coloro che producono eccellenze e specialità alimentari hanno un ruolo e una responsabilità fondamentale in tal senso.
La rubrica PIEMONTE IN BOCCA parla di eccellenze piemontesi. È una cartolina inviata a tutti voi con la speranza che presto visiterete i luoghi che hanno dato vita a straordinarie specialità da provare almeno una volta nella vita.
Il punto di vista di Maria Antonietta Grassi
Una rubrica sulle eccellenze Piemontesi nasce per diffondere la conoscenza delle molteplici meraviglie di questo territorio. Torino e il Piemonte non solo sono all’avanguardia in campo industriale e tecnologico, ma vantano un’ottima cucina. Oggi, con la globalizzazione, gli usi e i costumi delle classi sociali si confondono, la vecchia cucina dell’aristocrazia e della borghesia si fonde e si confonde con la cucina popolare, montanara, contadina. Si è così raggiunto un eclettismo edonistico e consumistico che piace a molti.
Tuttavia la caratteristica delle più gustose pietanze piemontesi risiedeva proprio nella loro immobilità topografica: dovevano essere preparate e assaggiate ciascuna nel suo paese d’origine, ciascuna nel ristretto e ben definito territorio di produzione, cucinate con gli ingredienti del luogo e innaffiate con il vino locale, l’unico ritenuto degno.
Viaggiando nelle Langhe, nel Monferrato, nelle innumerevoli valli delle Prealpi e delle Alpi, nel Cuneese, nel Canavese, nel Biellese, nella Val di Susa, scopriamo che la stessa ricetta subisce straordinarie e rigidamente codificate varianti. La famosa Bagna Càuda, ad esempio: nel Monferato l’aglio si tratta con infusioni di latte, nell’Albese si pesta con il mortaio, in altri posti all’aglio, all’olio, al burro e alle acciughe si aggiunge un bicchiere di Barbera.
Questa variabilità vale anche per polenta cunsa, plin-ne, paniscia, anguille in gelatina... Senza parlare dei cibi preparati e dei formaggi: dalla carne secca di Melezet a tome, robiole, formaggi freschi o stagionati come il Castelmagno della Val Grana, il Murianengo del Moncenisio, fino agli umili tumin che maturano più o meno a lungo in barattoli di vetro, nelle più diverse combinazioni d’infuso: olio, aceto, pepe, peperoncino, e che una volta si chiamavano semplicemente tumin fort, poi, all’inizio del secolo, quando il gas fu sostituito dalla luce elettrica, tumin elettric, e oggi tumin atomic.
È davvero difficile sintetizzare la ricchezza enogastronomica piemontese: come non citare i ghërsin (grissini), i peperoni di Carmagnola, gli asparagi di Santena e il vitel da fassùn, vitello detto anche della coscia o a groppa di cavallo, nutrito con una dieta speciale che prevede molte uova fresche.
E poi ancora preparazioni di origine borghese come gli spinaci alla francese, coste, cardi o patate al gratin, agnolotti, zucchine e tinche in carpione, i bas-de-soi, letteralmente calze di seta (zampetti di maiale), la fonduta con i tartufi, gli gnocchi di patate alla bava, gli asparagi alla parigina con le uova, il brasato al Barolo e gli straordinari dolci come diablutin, gianduiotti, marron glacès, caramelle, turcetin (torcetti), paste d’melia (paste di meliga - farina di mais).
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